Oggi 13 aprile alle 17.30, nell'ambito di AITR INCONTRA, si parlerà di Turismo responsabile e diritti umani.
In un evento online che si intitola "I DIRITTI UMANI E IL TURISMO RESPONSABILE - sintonia di valori e principi".
 
L'appuntamento è dalle ore 17.30 alle 19.00 circa, su piattaforma ZOOM. Chi vuole seguire l'evento potrà farlo in due diverse modalità: seguendo la DIRETTA FACEBOOK o direttamente su ZOOM, iscrivendosi a questo link: https://us02web.zoom.us/meeting/register/tZArcuGvrzwpE9VDlDVG4K1iboliUIpJ5WkM 
Ne parlano
Riccardo Noury - Portavoce Nazionale di Amnesty International Italia
Caterina Carmassi - Responsabile Diritti Umani di COSPE Onlus
Renzo Garrone - direttore RAM Viaggi Incontro
Yasmine Abo Loha - Direttrice ECPAT Italia
Iaia Pedemonte - Giornalista e Presidente GRT.
Introduce: Maurizio Davolio - Presidente di AITR
Modera: Angela Caporale - giornalista 

Di seguito un estratto del mio intervento, dove sono invitato a parlare per conto di RAM Viaggi, l'operatore di Turismo Responsabile che ho fondato e con cui lavoro. 

 

DOMANDA. Nei vostri viaggi sono incluse mete dove, secondo anche i dati di Amnesty, esistono casi di violazioni dei diritti umani: fate qualcosa per informare i vostri viaggiatori? che cosa possono fare i viaggiatori?E ancora. Che cosa può fare il turista sensibile a questi temi per dare un proprio contributo? Può giocare un ruolo utile? Che cosa possono fare gli organizzatori di viaggio?

RISPOSTA. Dove andiamo e perché? Come organizziamo il viaggio in questi casi? Prima accennerò a quelli che io chiamo i ‘paesi-limite’: dirò di Tibet, di Iran, di Birmania. I paesi-limite sono retti da regimi dittatoriali, protagonisti di violazioni dei diritti “dove l’intera popolazione è a volte priva di libertà civili”. Lì relazionarsi con la gente è estremamente delicato ma utilissimo poiché ritengo aiuti senz’altro la gente a uscire dall’isolamento. Ma ci sono molteplici controindicazioni.

La premessa è che RAM organizza viaggi essenzialmente in Asia

Quindi in Egitto per esempio non andiamo.  

Ma anche in Tibet non andiamo. Nella mia limitata esperienza, i cinesi sono i peggiori: il lavaggio del cervello operato sulla popolazione è il più pervasivo. In Tibet abbiamo fatto alcuni viaggi negli anni 90, e verificato che Il rischio è mettere nei guai la gente. Inoltre ti appiccicano guide alle calcagna che possono essere delatori. Inoltre hai un itinerario molto preciso dentro cui devi stare. Quindi andiamo nel Tibet fuori dal Tibet, il cosiddetto Tibet etnografico.

Sull'argomento esistono un mio libro EDT del 2002, un reportage: https://www.edt.it/autori/lorenzo-garrone

ed una microguida RAM apposita, del 1999 (disponibile presso di noi).

In realtà in ogni luogo dove sia possibile mettiamo in contatto la gente con esponenti della causa tibetana. Dal Nepal, al Ladakh, al sud dell’India, a Dharamsala dove vive il Dalai Lama - ovunque nel Tibet etnografico. Addirittura RAM ha un filone che ho ribattezzato ironicamente “il turismo delle cause perse”.

In Iran ci andiamo eccome. Gli interventi del regime sui contesti turistici, almeno in questa decina d’anni coi moderati al potere, sono stati meno pressanti, anche se le spie occhiute sono dappertutto sotto mentite spoglie, e se ci sono i free friendly talks. Però è possibile incontrare le persone liberamente, andare anche nelle loro case, senza che si verifichino veri problemi, almeno finché non ci si metta in mostra con attività politiche sbandierate.

Non ci sono nemmeno particolari restrizioni rispetto a dove andare.

Il denaro del turismo è importantissimo, sono un paese sotto embargo, quindi you’re welcome!

Ma soprattutto è la gente, isolata dalle sanzioni americane contro Khomeini dal 1979, e da quelle europee dai 2000 in poi (contro il nuke) si sente ingiustamente esclusa dal sistema mondo, cui invece sente di appartenere. Gli iraniani sono la popolazione mediorientale più simile agli europei. Non si identificano nel loro regime. 

Su questi temi ho pubblicato un libro con Pentagora, nel 2020: https://associazioneram.it/shop/ram/libri/libro-iran-garrone-detail

 

In Birmania andavamo bene, negli ultimi 10 anni, adesso la situazione è sospesa. Ora bisogna cercar di dare una mano alla gente che manifesta per le strade. Le spie dappertutto c’erano prima del 2011.

RAM fino al 2011 non ha operato in Birmania. Anzi ha fatto boicottaggio attivo (io personalmente anche per conto di AITR).

Poi dopo il 2012 la democratizzazione è stata reale (non più reati di adunata sediziosa, tornata la libertà di stampa, liberazione prigionieri politici avvenuta, governo parzialmente democratico ecc, anche se il grosso dell'economia è sempre rimasto in mano ai generali).

Ed avevamo cominciato a viaggiare bene in quel paese.

C'è testimonianza di tutto questo nella mia Microguida del 1996 (esaurita), e mio libro uscito con Altreconomia adesso 2021: https://altreconomia.it/prodotto/birmania-alias-myanmar-epub/

 

DOMANDA. Che cosa possono fare i viaggiatori sensibili?  Informarsi?  Boicottare?  Denunciare?  Testimoniare al rientro?Tutte queste cose nelle giuste gradazioni. Ma aggiungo che è fondamentale disporsi ad interagire relazionandosi sul serio con la gente del posto, poiché questo è l’unico modo per capire davvero. D’altra parte è molto difficile che il turista non crei ancora più problemi, pur non volendo, o senza rendersene conto, perché normalmente non conosce la situazione.

RISPOSTA. Tutti quelli che hanno timore dei paesi-limite, semplicemente, non partono, non ci vanno. Ma tra quelli che arrivano fin lì, specie se protetti da un’organizzazione, alcuni almeno, si entusiasmano, a volte si sentono invulnerabili. Gli avventurosi, se stimoli queste cose, possono mettersi a giocare ai paladini dei diritti umani per due settimane – poi noi andiamo via, la gente del posto resta e passa dei guai.

D'altra parte certo, informarsi, denunciare, testimoniare al rientro sono tutte cose importanti. Ma boicottare a priori, a naso, non mi piace.

Detto questo, secondo me è vero quello che ripetono da decenni i fautori del non-boycott: ci sono molti casi in cui la relazione col turista si evolve in modo positivo e rompe un certo isolamento delle persone; viceversa nell’isolamento il lavaggio del cervello dei vari regimi riesce meglio.  Esempi: la storia di Jack Ma in Cina, se è vera: la sua prima finestra sul mondo fu grazie alla relazione con una famiglia di turisti australiani. Altro esempio quello dei ragazzi delle etnie Kachin e Chin che racconto nel mio libro sulla Birmania, che non avevano nessuna esposizione a punti di vista diversi rispetto al revisionismo del regime – no stampa, no tv, no internet, che ne sai del mondo? Noi non immaginiamo, credo, cosa possa essere un lavaggio del cervello fin da quando sei piccolo. Avete mai letto degli "istituti di reintroduzione" nel mondo libero per nordcoreani che ha messo in piedi la Corea del sud?

Però in generale penso che alcuni paesi, in certe condizioni, non siano posti per andare in vacanza. Se uno va per una ricerca, per giornalismo, per studio, per attivismo, è cosa diversa. Ma per svago è dura. Io sono un boicottatore 'generalista' pentito. Credo che le sanzioni - anche nel turismo - possano essere solo uno strumento parziale (utili quelle mirate, chirurgiche, ad personam, che indeboliscono un generale, una casta di militari, un dittatore, o le aziende; necessarie SEMPRE quelle sulle armi).

Ma secondo me sono dannose nei confronti della gente comune tutte le altre, quelle generaliste: perchè non colpiscono davvero chi vorremmo colpire. Certo è importante che noi si dia un segno del nostro disappunto per quel che succede in Egitto, in Turchia, in Birmania, e altrove. Ma penso dovremmo inventare altri modi per farlo.