A Bali tutti i giorni, con calma, ragazze e donne depongono le proprie offerte allo spirito dei luoghi dove vivono. Qualche volta lo fanno anche gli uomini. Davanti a casa, al cortile e al negozio per esempio, ma anche in tutti i posticini del circondario dove si possa ragionevolmente pensare che un’entità spiritica sia presente. Contadini e contadine fanno lo stesso nei campi.
E però, se Bali è piena di altari, sono tutti vuoti. Si parla di induismo, ma si vedono pochissimi idoli antropomorfi, così presenti in India. Gli spiriti vengono evidentemente considerati senza volto, anche se per i balinesi sono più vivi e reali che mai. (Per i giavanesi, invece, quando vieni al mondo altri “gemelli” senza corpo fisico vengono al mondo con te). E' l’animismo, di fatto, la vera antica e sostanziale religione dell’Asia meridionale. L’elemento più importante della devozione, ciò cui la gente aderisce nel profondo. Gli spiriti senza volto vanno invitati ed accolti con le offerte: solo allora gli altari si riempiono.
In tutta l’Indonesia questi culti di base sono fondamentali. Ma Bali, e non solo per via della notorietà dovuta al turismo che la frequenta ormai massicciamente, è un luogo speciale. Qui la ritualità è infatti costante, ricorrente, intensa. E ricchissima, coreografica, costosa. Un modo per esprimere la profonda adesione al processo armonico della vita, tutt'uno con la natura, cui tutti sentono di appartenere.
Munduk, Bali, Indonesia, agosto 2018. Templi di villaggio dedicati alle divinità dei campi e della foresta. Foto Renzo Garrone
Offerte
Ogni offerta-base è costituita da un vassoietto di foglia di palma da cocco intrecciata, simile alla palma che tradizionalmente si intreccia la domenica prima di Pasqua in varie parti d’Italia. Si parla di basket offering, in cui il vassoietto viene riempito di fiori, di erba rituale ritagliata finemente ed arricciata (in effetti si tratta di bambù), di incenso. Accanto, viene normalmente aggiunto qualche lembo di foglia di banano con un po' di riso cotto e condito con cocco ed una salsa giallognola specifica (gli spiriti devono non tanto mangiare decentemente, ma respirare, assorbire quella fragranza).
Ubud, Bali, Indonesia, agosto 2015. Classiche offerte balinesi. Foto Renzo Garrone
E così milioni di offertine, milioni davvero, vengono manifatturate ogni settimana nell’isola, tenendo occupate e portando qualche soldo a decine di migliaia di persone (soprattutto donne). Che fungono, nei ritagli di tempo, da artigiane part-time.
Jatiluwih, Bali, Indonesia, agosto 2016. Cascata di Offerte (particolare) in un tempio di montagna. Foto Renzo Garrone
Cerimonie
Sullo stesso filone di sacralità si innesta l’obbligo delle cerimonie, croce e delizia del luogo. Una follia agli occhi del visitatore razionalizzante, quand’egli capisce quanto denaro tempo ed energia i balinesi dedicano a queste cose, e quali obblighi celebrarne comporti. Nient’altro che quello che tutti devono fare per il balinese medio. Punto e basta.
Cerimonie per le fasi della vita di ciascuno, cui tutti membri della famiglia devono partecipare – possono astenersi solo per qualcosa di grave. Cerimonie per le stagioni ma anche per tutto il resto. Anche qui, per rientrare nell’armonia necessaria alle cose. L'armonia del Tri Hita Karana (vedi altri articoli).
In un luogo dove all’anagrafe devi per forza dichiararti appartenente a una delle sei religioni contemplate dalla Costituzione (in Indonesia si tratta di una norma di legge), a Bali spunta un'aggravante: attorno alla religione e ai suoi obblighi si articola un controllo sociale pervasivo. Aggravante? In realtà dipende dai punti di vista.
Vigila sulla partecipazione il Banjar, consiglio degli uomini sposati (ma hanno voce in capitolo anche le donne), cellula comunitaria-base in tutti i villaggi dell’isola (ed oggi anche dei quartieri degli agglomerati urbani).
Il Diritto tradizionale, o Customary Code, in Indonesia è anch'esso legge. Per essere più precisi, il Diritto tradizionale sdogana una quantità di elementi della cultura locale promuovendoli al rango di leggi. Chiamato in Indonesia Adat, esso viene considerato essenziale per il pluralismo vigente nel paese. Assieme al Diritto costituzionale della Repubblica (laica per definizione) e alla Legge Islamica (dato che il 90 per cento della popolazione e‘ musulmano).
Cos'è l'Adat? Si tratta di un complesso di diritti ed obblighi che lega insieme storia territorio e normative, secondo modalità del tutto indonesiane; al contempo, l‘Adat rappresenta la formulazione di una società ideale. Me ne occupo più approfonditamente in altri articoli, centrati sull'identità balinese.
In buona sostanza, comunque, la partecipazione alle cerimonie costituisce, a Bali, parte integrante di questi obblighi. Anche se oggi viene spesso surrogata da donazioni dirette al villaggio, che effettua chi non possa essere fisicamente presente.
“Guardando la cascata di offerte agli angoli delle vie e nei templi, uno potrebe pensare che i balinesi siano molto ricchi“ - dice Putu Ermawan, fresco laureato in sociologia, che fa la guida turistica con una passione e un’adesione profonda alla cultura dell’isola. Putu proviene da un villaggio di montagna, ma ha studiato i costumi di Bali all’Universita‘ Udhayana di Denpasar. “E qualcuno ricco lo è. Ma tanta della ricchezza disponibile si spende in cerimonie, che d’altra parte noi riteniamo assolutamente necessarie“.
Besakit, Bali, Indonesia, 2013. Le scale del tempio con un cesto pieno di offerte. Foto Renzo Garrone
“Quando uno muore mica gli si fa subito il funerale“ - spiega Merta, il bravo autista che mi ha scarrozzato in giro per l’isola per giorni. “Perchè un funerale costa molto e quindi prima dobbiamo mettere insieme i soldi. Quindi le famiglie si associano, e risparmiano. Se non è il momento allora si aspetta. Si procede a piccole cremazioni singole (a Bali ci sono numerosi crematori) o ad una sepoltura, per risolvere i problemi igienici che i cadaveri comportano. Poi si riesuma ai fini della vera cremazione cerimoniale, grande evento collettivo. A Bali tutto questo s'è evoluto in una vera e propria stagione dei funerali, che normalmente cade in ottobre.
Esistono, nella peculiare tradizione locale, 5 tipi fondamentali di cerimonie: per dei e divinita‘ assortite; per gli esseri umani (nascita, fasi della crescita, matrimonio e formazione della famiglia); per spiriti e demoni; per il sacerdozio; per la morte e la prossima incarnazione.
La cerimonia forse più importante riguarda proprio il funerale, poichè si tratta di accompagnare l’anima in un percorso verso la prossima vita: il corpo fisico non ha valore da questo punto di vista, si tratta di un contenitore solo temporaneo. Quello che conta è l’anima.
Ma quanto costano i funerali? Se da soli almeno 100.000 rupie, di cui un terzo va via in offerte (cibo per gli dei, tortine, polli, maiali). Un altro terzo serve alle decorazioni, elaborate strutture di fiori appilate a simboleggiare il monte Meru dell’Induismo. Il resto è il costo del trasporto e del ricevimento finale offerto, con cibo e bevande, che viene pagato dalle famiglie del defunto. Non è una faccenda ad inviti, però. Vengono tutti coloro che desiderano partecipare.
Filosofia
Da queste parti la mettono sempre sul filosofico. Ma non si tratta di mere astrazioni perchè la gente alla propria filosofia aderisce con gran convinzione. E' filosofia quando ti spiegano i propri comportamenti, le offerte, l’atteggiamento nei confronti di spiriti e dei. Concetti che i balinesi hanno interiorizzato in modo profondissimo, un modo che a volte ti strega. Esposto con candore e convincimento deve aver stregato anche quelli dell’UNESCO!
Per i balinesi, il principio-guida dell’equilibrio micro-macrocosmo e’ il Tri Hita Karana, ossia la combinazione delle tre componenti dell’armonia.
1. L’umano con il divino (parahyangan)
2. L’umano con l’umano (pawongan).
3. L’umano con la natura (palemahan).
L’integrazione appropriata di queste tre componenti dà luogo a una condizione armonica.
Di grande importanza sono le feste. Il Galungan è la più importante dell’anno, rappresenta il trionfo di Dharma sulle forze del male, il giusto sentiero, la retta via. Cade il 210°giorno del calendario balinese. Viena annunciato dai Penjor, esili pennoni di bambù decorati, che in tutta l'isola si protendono fuori dai templi, sulla strada. Ai Penjor si dà fuoco 42 giorni dopo, e ciò simboleggia purificazione.
Il Galungan è una delle feste principali poichè vi si commemorano gli antenati, presenze che a Bali sono considerate essenziali. In questo, buona parte dell’Asia orientale si assomiglia, il culto è onnipresente in Cina ma praticato quasi dappertutto nelle società tribali di questa macro-regione, dalla Birmania all’Indonesia, e fatto proprio, trasmutato, adattato, sovrapposto ai vari induismi, buddhismi, cristianesimi, confucianesimi. E persino all'Islam, un pò dappertutto. Quali esempi specifici possiamo citare appunto Bali (che sulla carta è induista). Possiamo citare la venerazione per gli antenati in Vietnam (dove sulla carta sono buddhisti). Ma anche il costume dei cristiani Batak del lago Toba in Indonesia. Per non parlare delle abitudini delle varie etnie tribali: dalla Thailandia al Bangladesh, dalla Birmania alle altre, infinite, isole dell'Indonesia.
Quel che colpisce è che gli antenati si commemorano non piangendone la mancanza, come accade in occidente, ma salutandoli come fossero vivi.
A Bali c'è poi il Gnepi, il cui messaggio, ad un primo esame quasi inquietante, poi ti conquista: si tratta di un giornata intera di silenzio, una sorta di luna nera del ciclo vitale. Ci si astiene da quel chiacchiericcio tanto spesso vano, dalla socialità a solo scopo di conforto. Ed è dal Gnepi che si comincia a contare, da qui parte il computo dell’anno balinese.
Poi c’è il rapporto con gli spiriti, o con gli dei (perchè per l’osservatore, e chissà cosa succede al fedele) le due entità si confondono. Nel villaggio balinese di Mayong vicino a Munduk, distretto di Seririt, ho assistito alla celebrazione di un Pyodalan, partecipatissima cerimonia svoltasi nel tempio del villaggio. Scopo, invitare gli dei a scendere tra gli umani. Dapprima, grandi offerte negli altari davanti al tempio, poi tutti nel tempio a pregare, quindi una festa con danze per compiacere gli dei, che a quel punto si considerano presenti - tutto sempre nello stesso tempio. Anziani compresi, a partecipare e danzare senza pudori: magnifico vederli muoversi con tutte le loro difficoltà motorie dinanzi all’intera comunità, con naturalezza, senza mai tirarsi indietro. La cerimonia, mi spiegano, va sempre condotta da un sacerdote. Che, nella logica induista, deve essere un bhramino.
Tirtha Empul, Tampkasiring, Bali, Indonesia, agosto 2014. Sacerdote officia una cerimonia. Foto Renzo Garrone
Templi su templi
Nove sono i grandi templi di Bali, disseminati in vari punti dell’isola, da Tanah Lot a Besakit a Ulu Watu, per citare solo i più famosi. Questi sono i templi, spesso bellissimi, per tutti. Citati su tutte le guide.
Besakit, Bali, Indonesia, agosto 2015. Classici templi a pagoda. Foto Renzo Garrone
Poi ci sono i templi del Banjar, o templi di villaggio, che appartengono alle singole comunità, ai vari paesi.
E infine i templi di famiglia, famiglie allargate of course, per la frequentazione dei quali si ricorre alla genealogia. Chi fa parte di un certo lignaggio può accedervi, altri no. Un modo di sapere who is who e di mantenere quindi vivi i legami comunitari, ma anche un sistema di controllo delle obbligazioni dei singoli, del denaro che ciascuno è tenuto a contribuire per le funzioni del tempio stesso. Anche questo ha a che fare col culto degli antenati, che restano presenti nella memoria dei vivi.
Pura Ulun, Bali, Indonesia, agosto 2018. Uno dei templi piu‘ inconici dell’isola, fotografatissimo e molto visitato, sul Lago (Danau) Bratan. Foto Renzo Garrone
Bebek wisdom, o il principio della papera
Quanto alle offerte, al dove farle, non c’è problema - dice un tassista colto a Nusa Dua, che mentre mi trasporta ha proprio voglia di parlare: si trova sempre un tempio o un altare dove praticare, in una Bali che sia autentica. Il che lascia intendere quanto sacrale sia per i balinesi il proprio rapporto con l’ortodossia dell’isola. Una sacralità che il forestiero spesso non riesce a capire. Di più: a cui nella maggior parte dei casi il forestiero nemmeno riesce ad accostarsi.
Nei comportamenti, nei rituali che quasi tutti compiono, sta una delle singolarità del luogo. Prima di ogni pasto, per esempio, si ringrazia una qualche deità: e va bene, questo è comune a tante religioni. A Bali però non si ringrazia solo con la preghiera, ma anche con offerte continue. Verrebbe da dire, coi fatti. ll tassista,alla fine del pasto, taglia la foglia di banano su cui ha consumato quest'ultimo in 24 quadratini, li riempie di riso e di un po’ condimento, e pone ciascuno dei 24 pezzettini in un punticino specifico dei dintorni che frequenta. O su un altare, o presso un corso d’acqua, oppure davanti alla casa, all’incrocio, eccetera. Egli divide in tal modo il proprio sostentamento, e il proprio piacere, con la divinità. La quale a sua volta rende possibile che tutto ciò esista.
Tirtha Empul, Tampkasiring, Bali, Indonesia, agosto 2016. Abluzioni. Foto Renzo Garrone
A Bali seguiamo la condotta della papera (Bebek, in lingua bahasa) - prosegue il mio tassista. Se osserviamo questo animale da vicino, vediamo come non litighi mai a lungo con una propria simile - dice. Non come succede ad altri animali. E così dovrebbero fare gli umani. Poi, questo guidatore-filosofo mi fornisce una chiave di lettura dell’yin e dello yang che non avevo mai considerato. Simboleggiata dai drappi a scacchi in bianco e nero che fasciano tanti altari ed alberi a Bali. L’alternanza bianco/nero non è solo maschile/femminile, freddo/caldo, dice. Va considerata anche in termini di tempi, di prima e dopo. Significa anche, adesso ti incontro poi ti dico bye bye; adesso il tempo è bello, ma domani probabile sia brutto, quindi attrezziamoci; significa oggi ti sposo ma domani divorziamo (testuale); quindi perchè attaccarsi alle persone ed alle cose? Parola di un pacato padre di famiglia dal viso largo e dal sorriso frequente, che viene da un villaggio rurale vicino a Padang Bai, nell’est di Bali. Bello che costui voglia raccontarti come suole accettare la vita, coi suoi alti e bassi.
In ultimo, dulcis in fundo. Si prega, dice. A Bali si prega tanto, e sempre. Ma attenzione, ci si può astenere nel momento in cui in cui ciò implichi troppo stress. E' questa la condizione da evitare. Sotto stress le cose vengono male. Sforzate, affrettate, spesso difettose.