Il primo ministro e la campagna contro la Open Defecation

Il primo ministro indiano Modi molto aveva promesso. Sul fronte economico e sul fronte delle politiche sociali. 

Alle commemorazioni per i 150 anni di Gandhi, celebrati urbi et orbi in India, in corso tra 2019 e 2020 e usate quale ombrello per una miriade di iniziative (comprese alcune che non c’entrano con le idee del padre della nazione), Modi ha dichiarato che nel quadro della Campagna contro la Open Defecation sono state costruite in India 110 milioni di toilette in 600.000 villaggi negli ultimi 5 anni (negli ultimi 5 anni significa durante il suo mandato, prima al potere c’era il Congress). La crociata contro la cagata libera è stata e resta uno dei fiori all’occhiello delle sue politiche su questo fronte!

 

 

Defecazione all'aperto nei centri urbani dell'India, problema atavico. Ora il governo Modi ha preso di petto il problema. Ma...Foto da internet

Va detto subito che non è uno scherzo. C’era un gran bisogno di qualcuno che affrontasse il problema al massimo livello: l’igiene di base è una delle questioni principali in India. Per la Campagna contro la Open Defecation Modi nel 2019 ha preso un Global Goalkeeper Award: per gli sforzi della sua amministrazione nel condurre il paese verso standard igienici accettabili. Di riconoscimenti internazionali ne aveva ricevuto altri: uno nel 2018 per “aver ridotto le disparità sociali ed economiche in India”. Un secondo, per lo sradicamento della corruzione. 

Sempre nel 2018, inoltre, gli era stato conferito un premio dell’UNEP, l’United Nations Environment Program, per l’Alleanza da lui promossa sull’Energia Solare. Il Gujarat, stato della Federazione Indiana dove Modi ha governato per tre mandati, fino al salto su scala nazionale avvenuto con le elezioni del 2014, è zeppo di pale eoliche. Sulle sue strade non si contano i TIR fuori misura, trasporti eccezionali, che ne scarrozzano di qua e di là, il paesaggio tempestato di questi moderni mulini a vento.

Inoltre, il governo non ha lesinato le promesse di eliminare la plastica monouso entro il 2022: in molte località si tratta di norme, most welcome, già in vigore. Naturalmente, attivisti e gruppi per i diritti umani hanno criticato l’attribuzione di tali premi. Spesso in quanto conferiti anticipatamente.

Per inciso, quest’abitudine dei premi preventivi ai politici sta cominciando a stufare, diventando malcostume. L’ultimo Nobel dato a tre ricercatori che hanno varato semplici ma pragmatici sistemi di valutazione dei progetti, rimarca proprio come le mancate valutazioni rappresentino il punto debole dell’intera economia dello sviluppo. Si fanno progetti, li si finanzia, pochissimi vanno però a vedere quale impatto abbiano essi prodotto.

L'economista Abhijit Banerjee, Nobel ex aequo 2019 per i suoi studi sulla valutazione delle povertà. Foto da internet

“Il premio Nobel per l’Economia 2019 è andato agli economisti Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer per «il loro lavoro mirato a cercare un nuovo approccio per trovare risposte affidabili su come alleviare la povertà». Tutti e tre, infatti” – scrive Andrea Gandini - “lavorano da anni sul tema della povertà estrema e su quali siano i modi migliori per combatterla, spesso compiendo ricerche sul campo, in particolare in India e in numerosi paesi africani. I tre economisti insigniti, l’indiano Banerjee (58 anni) e la francese Duflo (46 anni) lavorano a Cambridge (USA), Kremer (55 anni) a Harvard; sono giovani per un Nobel e sono stati premiati in quanto pionieri dell'applicazione del metodo sperimentale all'economia dello sviluppo. L’Accademia svedese prende atto che l’economia non è una scienza esatta e dà il meglio di sé quando affronta i problemi col metodo scientifico sperimentale. Per esempio affrontando il tema della povertà sulla base dell’analisi dei risultati di quanto fatto in passato, per capire, prima di metterle in atto, quali politiche ottengano i migliori risultati”.

India, illustrazione che la butta sul seriale. Intende descrivere una pratica fin troppo comune: la defecazione all'aperto. Immagine presa da internet

La Campagna contro la Open Defecation, o Swachh Bharat, cioè contro l’abitudine indiana, diffusissima, della defecazione all’aperto, data la mancanza di toilette e infrastrutture di base, è comunque uno dei successi del premier indiano Modi. Le cifre come sempre sono impressionanti in quanto impressionante è il numero dei villaggi dell’India rurale così come la loro popolazione, senz’altro oltre i 600 milioni di persone. Ma come sa chiunque conosca un minimo le logiche di sviluppo nel subcontinente, da decenni il problema è convincere la gente non tanto a installarla, la toilette – se te la regalano che problema c’è? – bensì a mantenerla pulita, funzionante, e ad usarla. Se quando ti viene voglia di liberarti sei abituato ad andare nei campi, probabilmente trovi sgradevole rinchiuderti per defecare in un cubicolo, specie se maleodorante. A meno che non ti ci obblighino. Come si comprende, si tratta di abitudini radicate che coinvolgono la sfera intima dell’equilibrio della persona, quindi non è facile venirne a capo con successo.

Per esempio in Rajasthan, nel 2011, disponeva di una latrina a due passi (quindi non a casa ma fuori) solo il 35 per cento delle abitazioni. ll resto semplicemente non aveva una toilette. Un bel problema di privacy anche per le donne, costrette per non creare imbarazzi a recarsi in bagno col loro recipiente d’acqua in ore diverse rispetto ai maschi. 

 

Open defecation, problema al femminile. Foto da internet

E sempre dal bestiario Rajasthan, sulla Open defecation, ecco un episodio dell’agosto 2017. E’ tratto da un articolo dell’Indian Express, uno dei migliori quotidiani indiani in lingua inglese. Frustrato dalla gente del suo villaggio che rendeva impossibile il raggiungimento dei target della campagna ODF, un funzionario pubblico del distretto di Bhilwara ha deciso di staccare la corrente elettrica alle case che non avessero costruito le toilette previste entro 15 giorni.  Nonostante i richiami, la gente continuava a defecare all’aperto. Così una mattina gli inviati dell’amministrazione, sorprese sei persone che durante la notte continuavano a liberarsi sotto le stelle, le arrestavano secondo l’Art.151 del codice penale indiano. Rilasciati in serata su cauzione, i sei venivano poi scagionati. L’episodio ha fatto scalpore. Trovo divertente la vignetta che qui pubblico, ritagliata appunto dall’Indian Express.

La vignetta apparsa sull'Indian Express a commento di un episodio - sanzionato - di defecazione all'aperto (ritaglio dalla carta stampata)

Resta da vedere quanto tutto l’annunciato sia stato effettivamente implementato, che tasso reale di riuscita abbia avuto. I critici dicono per esempio che va bene la toilette, ma dato che la maggior parte di esse non dispone di acqua corrente, tenerle pulite è un’utopia e questo riduce drasticamente la possibilità che la gente le usi.

In ogni caso, uno degli obiettivi mediatici di Modi è stato saldare questo suo successo, l’installazione delle toilette rurali come se piovesse, e il premio relativo ricevuto dalla Fondazione Gates nel 2019, con le celebrazioni dei 150 anni di Gandhi.

Ora, nello Swachh Bharat, siamo alla fase due. Il governo si è spinto a varare una road map 2019-2029, pittorescamente definita come ODF Plus! Mentre continueranno le installazioni di nuove toilette e gli sforzi in termini di manutenzione, finalmente lo stato si occuperà anche delle fognature e, a valle di queste, degli scarti fognari. Si tratta di un altro anello debolissimo dell’igiene locale: perlopiù le fogne sono a cielo aperto e comunque spesso sono insufficienti, con l’acqua di tanti fiumi ridotta a liquame. Ma Modi ha in serbo un’altra trovata: le smart cities! (in un delle prossime puntate).