A Mount Abu, la Blue Lotus (il nome è inventato, la storia no) è una guest house completamente sui generis. Fortuna esserci arrivati. La sera discuto con Rajendra, il proprietario, un ricco imprenditore che ha acquistato l’immobile anni orsono pensando di adibirlo a residenza delle sue vacanze, ma poi ha finito per accogliervi gente in quantità, che arriva tutta dalla sua Ahmedabad (la capitale del Gujarat). Come da Torino si va sulla Riviera di Ponente, come da Bologna si va in Dolomite.
Parla del lavoro in India, Rajendra. E il discorso si allarga com’è inevitabile a tutta la vasta regione, al subcontinente, dove la mentalità e il costume sono gli stessi. E’ lui a cominciare, a sfogarsi. Qui c’è sfruttamento, dice per primo. Io annuisco e basta, ascolto. Qui la gente lavora fisso 12 ore, soggiunge, se chiedo che ne facciano 14 lo ottengo senza problemi, né qualcuno pretende che gli si paghino degli straordinari. C’è una enorme fedeltà al datore di lavoro, una volta si sarebbe detto al padrone, e grandi rispetto e timore. Una deferenza di tipo atavico: anche se le opinioni differiscono qui nessuno si mette a discutere.
Certo da voi in occidente, dove ogni cosa è stabilita per legge, è meglio. Ma qui tutto è regolato in altro modo. Qui la gente si aspetta che in cambio della fedeltà io mi prenda cura del mio personale. Se lo aspetta la società tutta. Non ci sono contratti, è vero, ma io non licenzio nessuno. Se uno del mio staff ha bisogno di 10.000 rupie per la famiglia, o per motivi suoi, è a me che viene a chiederle, ed io semplicemente gliele do. Che figura ci farei se non lo facessi? (Qui, non mi metto ad approfondire se poi in tal modo il lavoratore contragga un debito, ma è chiaro che funziona così – e se il padrone ha pochi scrupoli? A chi resta il coltello dalla parte del manico?).
Fort Cochin, Kerala, India del sud. Essicazzione e raccolta dello zenzero in uno dei magazzini dell’angiporto. Foto Renzo Garrone
Non solo. Dovessi licenziare qualcuno, aggiunge Rajendra, magari per risparmiare quelle 10.000 rupie dopo 10 anni di servizio di quella persona alle mie dipendenze, allora sì che la gente penserebbe ogni male di me.
Il ragionamento, in sintesi: da voi forse è meglio, è vero, ma da noi il fattore umano conta ancora parecchio. Di più. In India, Nepal, Pakistan, Bangladesh, se stiamo ai fatti, funziona così.
D’altra parte, questi meccanismi aprono la strada alle malversazioni, rinforzano un’atavica sfiducia nello stato e nelle leggi, fanno assomigliare tante relazioni laborali a situazioni di piccola mafia. O per meglio dire, contribuiscono a uno stato delle cose familista, e già strutturalmente proto-mafioso.
Mount Abu, Rajasthan. Templi jain. Foto Renzo Garrone