Laos. Scendiamo in barca lungo il Mekong, da nord a sud, da Houey Xai a Luang Prabang. Un lungo tratto di fiume da percorrere in due giorni, 6/7 ore al giorno, con una sosta per la notte a Pakbeng.
La portata passeggeri del barcone, ad occhio e croce, è per 300 anime, e la maggioranza delle persone a bordo sono turisti. Ma nel retro, vicino al rumoroso motore, siedono stipate belle fitte una trentina di persone del posto. Gente dei villaggi rivieraschi, con le proprie masserizie. Si fermeranno nel corso della giornata in alcuni luoghi precisi, secondo accordi coi barcaioli, sbarcando sull’argine che cela le loro case, protette dal fogliame.
Cassero di prua, slow boat da Huay Xai a Luang Prabang. Foto Renzo Garrone
Qualche minuto prima della partenza, uno dei capibarca si era lanciato in un’arringa sulla logistica del servizio, sui biglietti, sui tempi, e poi sulla destinazione della prima notte - ossia Pakbeng. Destinazione presso la quale aveva poi cercato di vendere le sue guest houses di riferimento, con annessi trasporti per raggiungerle, a chi non avesse preventivamente prenotato l’alloggio per la notte.
Slow boat a Luang Prabang al tramonto. Foto Renzo Garrone
A bordo, prima della partenza, alcuni viaggiatori si preoccupano per la grande quantità di passeggeri cui il personale dell’imbarcazione consente di salire. Vengono aggiunte sedie in mezzo al corridoio, fino ad ostruirlo quasi interamente, ed il flusso continua. Ecco forse il motivo per cui si parte ogni mattina alle 11.00, e mai prima. Le operazioni vanno per le lunghe, c’è chi parla di overbooking, serpeggia un po’ di fifa. Poiché, chiaro, proprio di overbooking si tratta, la barca alla fine peserà moltissimo. Del resto, non penserete mica che abbiano venduto solo i posti prenotati a sedere? Non siamo su un Eurostar…
Contadina Khamu, la seconda etnia del paese, in un villaggio sull'argine del fiume presso Huay Xai. Foto Renzo Garrone
Per fortuna, quando finalmente si parte, le cose filano via lisce – proprio come la nostra slow boat. Le animosità si stemperano, la fifa (di alcuni) cala o sparisce. La brezza che spira costante, siamo verso mezzogiorno, mitiga il caldo. S’impone la grande bellezza del paesaggio, specie quando via via che il pomeriggio incede le ombre prendono ad allungarsi, e il grande fiume si svela tranquillo, maestoso, spesso selvaggio.
Segnaletica lungo il Mekong da Huay Xai a Luang Prabang. Fu messa dai francesi. Foto Renzo Garrone
Sappiamo che stanno costruendo decine di dighe, soprattutto i cinesi a monte, ma qui il loro impatto non si vede, la portata d’acqua resta imponente. Grandi macchie di foresta originaria coprono ancora buona parte delle rive. Costoni impervi precipitano nell’acqua, che mantiene imperterrito il suo colorito tabacco, per via delle enormi quantità di detriti trasportati. Milioni di rocce sfaccettate, bellissime, accompagnano la discesa. Sono falesia dai milioni di venature, punteggiata da spiagge continue, di sabbia candida. Un vero spettacolo. Nell’acqua vortici e mulinelli increspano la corrente color del fango, ma la nostra barca li affronta con leggiadria, forte di una propria velocità non affannosa né burrascosa. Serena. Stiamo scendendo il fiume, non lo risaliamo, per questo la corsa è rapida: ma più della metà della spinta è quella naturale del fiume, una corrente poderosa che l’imbarcazione semplicemente asseconda. La spinta deriva da quest’ultima, non dall’energia del motore: ne deriva l’effetto di una marcia continua, di un ritmo possente con cui scivoliamo in mezzo alla natura. Se uno siede lontano dal motore anche il frastuono si stempera, e il tutto si fa più godibile.
Rocce e spiagge di sabbia viste dalla slow boat da Huay Xai a Luang Prabang. Foto Renzo Garrone
Tra Houey Xai a Luang Prabang l’unica via per ora è il fiume. Finora nessuna strada costruita dall’uomo ha sconvolto questa magia di rocce, sabbia e foresta, il cuneo in cui scorre da millenni il Mekong (una strada esiste: si arrampica attraverso centinaia di km tra le montagne, ma per la conformazione del territorio non può seguire la valle del fiume). Lungo il fiume radi sono invece anche i villaggi, che si intravvedono appena celati dall’argine. Radi ed appartati, quasi fossero riservati come i laotiani. Poche anche le barche di pescatori, almeno in questo tratto del fiume.
Pesca artigianale in un'ansa del grande fiume. Padre e figlio. Foto Renzo Garrone