Incontro Chandra Prasad Kacchipati, economista e direttore di una stimata ong del Fair Trade locale, a Bhaktapur. La cittadina – gioiello del Nepal medievale, fortemente danneggiata dal terremoto del 2015, oggi è di nuovo in piedi. Sono venuto a parlare con Chandra per capire come mai i nepalesi emigrino ormai in massa. L'emigrazione è uno dei fenomeni centrali quando si parla del piccolo, ma sovrappopolato, paese himalayano. Chiuso tra le grandi monatgne, cuscinetto tra India e Cina. 

“E‘ vero, sono tanti i nepalesi in età da lavoro all’estero“, dice Kacchipati. “Su 30 milioni di abitanti, si stima che i migranti siano ben 4 milioni“.

Fare il punto sul Nepal ed il terremoto che lo sconvolse nel 2015 è stato l’obiettivo di questa indagine, svolta tra novembre e dicembre 2018, a tre anni e mezzo dal sisma. Reportage parte terza

Cosa ha voluto dire il terremoto per i nepalesi? Questa la domanda che pongo ai miei interlocutori, tutti quelli che incontro.

Secondo Hari Khrishna Dhital, social worker di New SADLE, ong impegnata nell’assistenza ai lebbrosi, nella sanità, nel Fair Trade, “bisogna partire dal governo. E ammettere che l’NCP, il Partito Comunista unificato adesso al potere, sotto questo aspetto sta fallendo, pur avendo una maggioranza stabile in Parlamento (due terzi dei seggi).

Fare il punto sul Nepal ed il terremoto che lo sconvolse nel 2015 è stato l’obiettivo di questa indagine, svolta tra novembre e dicembre 2018, a tre anni e mezzo dal sisma. Reportage parte seconda

Visito Durbar Square, il cuore di Kathmandu, a fine novembre 2018.

Sul Kashtamandap il terremoto dell’aprile 2015 ha picchiato duro. Dell’antichissimo edificio a pianta quadrangolare (costruzione originaria: 1143, dalla parola Kashtamandap deriva il nome stesso “Kathmandu”) non restano che macerie. Adesso al posto della struttura c’è un cantiere, opportunamente cintato (ma anche prima del sisma l’edificio cadeva a pezzi, la visita era già vietata). Il Kashtamandap verrà però ricostruito, approvano in coro i nepalesi che mi capita di incontrare lì davanti. C’è scritto anche su vari cartelli, che confermano le informazioni fornite dalla National Reconstruction Authority.

Fare il punto sul Nepal ed il terremoto che lo sconvolse nel 2015 è stato l’obiettivo di questa indagine, svolta tra novembre e dicembre 2018, a tre anni e mezzo dal sisma. Reportage parte prima

Torno in Nepal dopo vari anni. L’ultima volta era stata prima del terremoto dell’aprile 2015. Ma la prima, nel lontano 1976…

Stavolta arrivo alla fine di novembre, nel cuore della stagione secca, atterrando a Kathmandu a metà giornata. Ed anche se la città appare avvolta in una slavata foschia (che qui quando non piove da oltre due mesi è la luce standard del primo pomeriggio, il resto lo fa lo smog), si vede che il tempo è bello.

Legno e mattoni, templi dai tetti a pagoda, viottoli, intarsi, statue in pietra di dei per strada, grande atmosfera: Patan, satellite della più famosa Kathmandu, introduce bene il vero Nepal. Rimanendo al centro storico, ebbene più storico di così non si può: ogni slargo e viuzza di Patan è disseminata di altari e pietre votive. Sul posto vengono fabbricate le più belle statue buddhiste del mondo, in rame e bagni dorati.
Va detto che la piazza di Kumbeshwor parrebbe una delle più malandate dell’ex regno himalayano, oggi Repubblica federale guidata da un governo comunista. Eppure qui il tempio omonimo era uno dei pochi del paese a vantare quattro tetti spioventi, tratto architettonico straordinario. Il terremoto dell'aprile 2015 lo ha decapitato, ma lo stanno ricostruendo (con aiuti giapponesi). Nel frattempo, tutt'attorno spuntano cantieri privati, nonostante le difficoltà. L'edilizia civile della ricostruzione sta dando una grossa mano alla ripresa del paese. 

Parliamo di alpinismo di massa, le vette sono le più ambite del pianeta. Siamo in Nepal tra gli Sherpa, il cui nome designa un gruppo etnico specifico, e non  è sinonimo - come a volte si crede - della professione di portatore.
Gli Sherpa, un popolo di 150.000 persone, divennero famosi con la conquista dell’Everest (29 maggio 1953), quando lo Sherpa Tenzin Norgay e il neozelandese Edmund Hillary raggiunsero per la prima volta la vetta del Tetto del mondo.
La questione, molto dibattuta in un paese che vede la sua fama e i suoi redditi inestricabilmente legati all'alpinismo (anche se Kathmandu si trova a soli 1500 metri), emerse tragicamente qualche anno fa con la valanga che seppellì 16 Sherpa sull’Everest. Erano tutti lavoratori della montagna. La vicenda e i suoi sviluppi restano monito e oggetto di riflessione a tutt’oggi.  

Renzo Garrone

Renzo Garrone, Genova 1956, scrittore e viaggiatore, pubblica dal 1985. Ha visto comparire suoi articoli e foto su numerosi giornali e riviste, realizzato varie guide di viaggio, prodotto saggistica sul fenomeno del turismo e reportage da numerosi paesi. Nel 1987 ha fondato RAM, organizzazione specializzata in Asia che si occupa di Fair Trade, Editoria e Viaggi di qualità, d’incontro e responsabili. Questo è il suo Blog, dedicato al Reportage.

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