Il Citizenship Amendment Act e il National Register of Citizens

Il CAA, o Citizenship Amendment Act, è la legge voluta dal governo Modi che rende possibile la cittadinanza indiana per gli immigrati Indù, Cristiani, Buddhisti, Jain, Sikh e Parsi che siano giunti in India prima del 31 dicembre 2014 provenendo da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh, e che siano rimasti nel paese per 5 anni. Esclusi da questo novero sono pero’ gli immigrati musulmani, visto che i tre paesi di provenienza in questione sono appunto paesi islamici. Secondo l’Intelligence Indiana, saranno circa 30.000 gli immediati beneficiari della legge.

Esiste d’altra parte un gran numero di immigrati in India che vengono definiti illegali, e tra costoro i musulmani sono la maggioranza. Molti, in stati come l’Assam o il Tripura, nel nordest, abitano lì da generazioni, di fatto sono ormai naturalizzati anche se spesso non risultano in grado di produrre documenti validi che lo provino. E in assenza di questi ultimi la cittadinanza non può essere concessa. In combinazione con la ventilata estensione all’India intera di un’altra misura, l’NRC o National Register of Citizens, la legge ha sollevato il timore che questa gente (ed altra in tutto il paese) venga esclusa dal diritto di cittadinanza – schedata ed espulsa. La faccenda ha generato enormi preoccupazioni e generato vibrate proteste. 

Secondo gli oppositori della normativa approvata il CAA modifica lo spirito secolare della Costituzione indiana, che fu scritta ponendo grande attenzione a non discriminare tra le persone in base alla religione. Gli analisti ritengono che la corsa all’approvazione del combinato CAA/NRC da parte di Modi sia in realtà mirata ad uno specifico tornaconto elettorale, in Assam e West Bengal, dove si vota nel 2021, e dove il suo partito, il BJP, punta al consolidamento del proprio elettorato indù, che teme enormemente ogni ulteriore spazio concesso ai musulmani.

NRC - National Register of Citizen - in Assam

Ma la complessa partita presenta anche altri angoli visuali. Se ai dimostranti che hanno manifestato un pò in tutta l’India - studenti, intellettuali, accademici, persone del mondo dello spettacolo - la legge non va perchè la considerano discriminatoria (e’ anche il punto di vista delle Nazioni Unite), ai residenti dei due stati dell’Assam e del Tripura il CAA/NRC non piace o perche’ non si vogliono altri immigrati o viceversa, soprattutto in Assam, le preoccupazioni riguardano chi lì risiede da decenni e se la vive direttamente sulla propria pelle, temendo che la cittadinanza gli venga negata.

Complicato? Abbastanza.

Per contestualizzare un poco bisogna pensare alla storia tumultuosa dell’ultimo secolo. In un paese come l’India molta gente, fino a venti/trent’anni fa, non possedeva neppure la carta d’identità. Dopo l’indipendenza del 1947, e prima dell’avvento di una massiccia informatizzazione, per tanti residenti delle campagne indiane, e per i poveri e analfabeti delle città, la carta di identità veniva sostituita dalla Ration Card (successe a lungo), uno strumento assistenziale dell’India di orientamento socialista delle origini, che consentiva allo stato di distribuire ai non abbienti un paniere di generi di prima necessità (zucchero, farina, kerosene, eccetera) a costi nominali o gratuiti.

Nell’India britannica, prima dell’Indipendenza del 1947, la gente si spostava piuttosto liberamente attraverso il vastissimo territorio del subcontinente. Libera di cercarsi lavoro dove voleva, o letteralmente deportata in tal senso come cheap labour. Ma sotto gli inglesi l’India era una sola, il British Raj comprendeva parte dell’Afghanistan e il Pakistan da un lato, Birmania e Bangladesh dall’altro. Il West Bengal con Calcutta e il Bangladesh con Dhaka, per esempio, erano si’ Bengala ovest e Bengala est, ma non erano divisi politicamente, facevano comunque parte della stessa immensa nazione. Risale a quei tempi la diaspora direi fisiologica dei bengalesi verso le regioni confinanti, dove era naturale recarsi alla ricerca di lavoro – la manovalanza era utile anche ai padroni britannici – ci si sottraeva in tal modo alle difficoltà indotte dalla sovrappopolazione. Quando però, dopo il 1947, vennero tracciati dei confini politici rigidi tra i nuovi stati, la situazione precipitò. La prolificità dei bengalesi è leggendaria, mentre in Assam la gente del posto vive la propria cultura come peculiare, e presto si sentì invasa. I due fenomeni non potevano che entrare in rotta di collisione.

Su scala nazionale, il CAA venne proposto come progetto di legge dal governo del BJP solo nel dicembre 2019. Ma dopo essere passato al vaglio dei due rami del Parlamento di Delhi, oggi saldamente nelle mani di questo partito di destra (Modi a maggio 2019 è stato eletto plebiscitariamente per un secondo mandato), il CAA è ormai divenuto legge dello stato. Il Ministro dell’interno Amit Shah ha quindi annunciato come la nuova legge sarebbe stata agganciata all’NRC, con una ipotesi di conclusione dei lavori e di varo dello strumento entro il 2024. Dopo ampie manifestazioni di protesta, e petizioni contrarie piovute da tutto il paese, la legge è approdata alla Corte Suprema. Si attende, da parte della Corte stessa, un pronunciamento sulla sue ammissibilità e costituzionalità. La situazione in Assam e Tripura verrà esaminata separatamente, viste le peculiarità di questi due stati.

Quanti immigranti illegali ci sono in India?

Ma quanti sono gli immigranti illegali (Amit Shah li ha chiamati ‘termiti’) in India? – si chiede India Today. “Il governo non fornisce alcuna cifra ufficiale” – scrive il settimanale. “Secondo il Censimento 2001, erano appena 5 milioni le persone residenti in India ma nate altrove” – si tratta ovviamente di cifre assai datate, il mondo in questi 20 anni ha accelerato parecchio. “Vari ministri di ambo le parti hanno stimato il numero dei migranti illegali nel paese tra i 12 e i 25 milioni di persone. Ma in assenza di numeri certi - la cifra reale è probabile stia attorno all’1 percento della popolazione indiana, che adesso supera il miliardo e 300 milioni – soffiare sulla questione immigrazione significa solo indurre paure ingiustificate”. Per scopi elettorali.

La retorica del Ministro degli interni di Delhi, Amit Shah, considerato il braccio destro di Modi, se la prende con gli immigrati illegali, per la maggior parte musulmani provenienti dal Bangladesh. E’nota la posizione della destra integralista indù al potere, che da 50 anni promette un’India fondamentalmente induista. Il governo ha bollato i manifestanti come “persone contrarie all’interesse nazionale.

Nella maggior parte dei distretti del grande paese – nell’India intera - l’immigrazione resta al di sotto dello 0,5%, quindi la situazione è delicata in un piccolo numero di situazioni, e senz’altro per esempio in Assam, ma altrove non costituisce per nulla un problema. Periodicamente riaffiorano ostilità, conflitti secolari, e tra questi il principale in India è certamente quello tra indù e musulmani. Ma è altrettanto vero e conclamato – lo asserisce con forza la Costituzione, in cui la maggioranza degli Indiani si riconosce – che il paese è di tutti.

Gli illegali saranno espulsi, ribadisce il governo. Anche in India, come in tanti altri paesi del mondo, ormai è campagna elettorale permanente. Così Shah rassicura gli indù: la cosa non riguarderà nessuno di loro, ha tuonato. Viceversa Modi dopo le proteste e le violenze ha fatto marcia indietro, asserendo pubblicamente come “non si sia mai parlato di un varo dell’NRC su scala nazionale”. Non è affatto detto che non se ne parlerà in futuro, però, essendo un’idea prevista nel manifesto elettorale del BJP. La mossa del CAA si sta comunque rivelando altamente impopolare, per questo il Primo Ministro getta acqua sul fuoco.

Assam

L’Assam è la regione dove la questione immigrazione effettivamente tocca un nervo scoperto, dove la preoccupazione è intensa e le proteste sono state vibrate. Siamo nel nordest dell’India ai confini con il Bhutan e con il Bangladesh. In Assam, il NRC colpisce persone che vivono in India da decenni o da sempre, ma che con questa misura, con un tratto di penna, diventano migranti illegali. Gli immigrati in Assam provengono in massima parte dal Bangladesh, paese sovrappopolato, subito oltre confine, e sono musulmani. Ma vi sono anche migranti bengalesi indù che dal Bangladesh si riversano e si sono riversati in India, e anch’essi possono essere visti come una minaccia per la cultura del posto. E così ecco il National Register of Citizens (NRC), uno strumento per delimitarne il diritto di cittadinanza. Che però in Assam stato esiste già da dieci anni, è già stato generosamente finanziato, senza produrre i risultati sperati.

I numeri aiutano a capire perchè in Assam e nel vicino Tripura la questione dell’immigrazione bengalese resti centrale. L’Assam ha 33 milioni di abitanti. I residenti nati in Bangladesh erano, al Censimento 2011, solo 64.117, di cui 56.550 arrivati prima del 1991, e solo 722 tra 2007 e 2010. Oltre 400.000 se ne sono andati dopo il varo della bozza dell’NRC in Assam, nel 2018.

Ma “(…) sono circa due milioni i cittadini indiani resi apolidi perché esclusi dall’ultimo aggiornamento del Registro” scrive Maria Tavernini sul portale online Osservatorio Diritti “una lista coi nomi di tutti i residenti dello Stato dell’Assam considerati cittadini autentici ”. Il 31 agosto 2019 le autorità locali hanno reso pubblica la lista aggiornata. L’aggiornamento dell’NRC in Assam è iniziato nel 2015, con lo scopo implicito di identificare quelli che Delhi definisce ‘migranti irregolari’, ossia cittadini bengalesi che hanno oltrepassato il confine illegalmente. Dalla lista sono stati dunque esclusi in Assam 1,9 milioni di cittadini, che hanno dovuto presentare domanda, in cui era obbligatorio fornire la documentazione necessaria a dimostrare che la propria famiglia o i loro antenati fossero entrati in India prima del 24 marzo 1971, prima che il Bangladesh divenisse indipendente. Il governo dello Stato dell’Assam, in una dichiarazione, ha ammesso di aver intrapreso il mastodontico esercizio di censire oltre 30 milioni di persone con lo scopo di individuare i bangladeshis immigrati illegalmente in India. Ma si sospetta che la vera ragione sia la discriminazione verso la religione musulmana. I detrattori del governo, infatti, accusano le autorità di aver architettato il progetto con lo scopo preciso di espellere i cittadini di fede islamica, che costituiscono un terzo della popolazione dell’Assam. Il risentimento verso gli immigrati bengalesi non è una novità in Assam e si è nutrito negli anni della rabbia dei residenti, che li accusano di avergli portato via lavoro e terre. Negli anni immediatamente successivi alla guerra d’indipendenza del Bangladesh, cioè dopo il 1970, milioni di immigrati – sia musulmani, sia hindu – sono scappati in India. In passato, il flusso d’immigrazione di origine bengalese nella regione ha scatenando aspre tensioni e violente campagne contro i migranti. I cittadini esclusi dal registro possono appellarsi alla decisione agli organi giudiziari regionali, i ‘tribunali degli stranieri’, entro 120 giorni dalla pubblicazione della lista, fornendo la documentazione necessaria che dimostri il loro ingresso in India prima della data stabilita. Il governo sta allestendo oltre 200 nuovi tribunali degli stranieri, che si andranno ad aggiungere agli oltre 100 già esistenti nella regione. I richiedenti dovranno affrontare un processo lungo e costoso, impossibile da sostenere per molte famiglie assamesi. Gli attivisti per i diritti umani temono che i residenti esclusi dall’aggiornamento possano essere detenuti o deportati e, in ogni caso, privati dei propri diritti civili. Per ora gli esclusi dalla lista manterranno il diritto di voto finché il tribunale degli
stranieri non si sarà pronunciato sui singoli casi. Ma i timori degli attivisti si stanno concretizzando in questi giorni di concitata attesa, di famiglie spaccate in due da una lista che deciderà del loro futuro. Vi sono tante persone nei vari centri di detenzione per migranti irregolari nello stato dell’Assam, mentre il governo sta accelerando la costruzione di altri centri in tutto lo stato (Tavernini, 2019).

Proteste in tutta l’India

Tornando al CAA su scala nazionale: le manifestazioni di protesta a seguito del varo della legge hanno generato un’ondata di violenza.

A Delhi gli studenti dell’Università mulsulmana Jamia Millia Islamia, e ad Aligarh, sono scesi in strada sostenendo che il CAA viola lo spirito secolare della Costituzione Indiana, che discrimina in base alla religione. La protesta è diventata violenta e la polizia è entrata nel campus, attaccando gli studenti. Che hanno ottenuto la solidarietà non solo di altri studenti in tutto il paese, ma anche di settori trasversali della società: del mondo dello spettacolo, degli accademici, oltre a quella di numerosi politici della sponda opposta. Secondo la stampa indiana la polizia ha reagito con particolare durezza negli stati governati dal BJP. Mentre è assodato vi sia stata effettivamente violenza da parte dei dimostranti, specie a Delhi e in Uttar Pradesh, dove la polizia è stata aggredita (le autorità lamentano 57 feriti tra i poliziotti in una manifestazione a Lucknow), le forze dell’ordine hanno però risposto uccidendo tra i manifestanti 5 persone in Assam e ben 15 in UP. Si sono registrati anche ingenti i danni materiali, la detenzione di centinaia di persone, e la sospensione della connettività, particolarmente quella della telefonia mobile collegata ad internet. Alcuni stati hanno dichiarato che semplicemente non implementeranno la Legge, ma il Ministro dell’Interno ha ribattuto loro come gli stati, secondo la Costituzione Indiana, non possano rifiutarsi di farlo – il parere del Centro in caso di controversie prevale su quello dei singoli stati. Il governo probabilmente non si aspettava da parte della società civile indiana una reazione così consistente. Ma la rappresaglia delle forse dell’ordine è stata pesante, a tratti vergognosa. Video amatoriali girati coi telefonini documentano spietatamente gli avvenimenti, mostrando ragazzi aggrediti e presi a calci e a sprangate dagli agenti.

Proteste all'universita' islamica di Jamia Millia Islamia - dicembre 2019

Secondo i sondaggi, come uno realizzato per il magazine India Today, il 52 percento degli indiani ritiene che il CAA/NRC faccia sentire le minoranze molto più insicure di prima. Il 43 percento ritiene che il varo di questa legge altamente divisiva, di cui non si sentiva davvero la mancanza, che viola il secolarismo (laicismo) della Costituzione indiana, sia stato messo in atto per stornare l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi che assillano il paese. La disoccupazione per esempio, ormai al 32 percento. Ma ci sono anche la disperazione dei contadini, la corruzione e il rallentamento dell’economia, che qui viene visto dagli analisti come una catastrofe, dato l’incremento demografico, che continua, e che dovrebbe rendere l’India il paese più popoloso del mondo entro il 2030. Personalmente però sono convinto che la questione, su questo fronte, non stia in termini di crescita, visto che l’economia è sì in fase calante ma si mantiene pur sempre attorno a un robusto + 4,5% annuo. La questione è soprattutto la cattiva distribuzione del reddito. Così come, nello stesso modo, in India i granai sono pieni ma resiste la denutrizione.

Chiudo con il comportamento dell’Unione Europea. Che, non contenta delle sue divisioni interne, non rinuncia a ficcare il naso negli affari altrui, guadagnandosi sempre da Russia e Cina, ma in questo caso anche dall’India, l’accusa di ingerenze nella sovranità di altri stati. Ma se un documento in proposito doveva esserci, almeno si fosse andati fino in fondo. A fine gennaio 2020 l’UE aveva deciso di votare una Risoluzione di condanna del CAA indiano, con circa 600 parlamentari su 751 che si erano espressi affinchè il Parlamento Europeo procedesse in proposito. Il CAA veniva considerato come ‘discriminatorio’, si intendeva chiedere al governo di Delhi di riconsiderare la cosa. Invece, per le divisioni interne alla fine non se n’è fatto nulla. La stampa indiana ha dato un certo risalto alla cosa, politicizzando tutto, mettendo di mezzo il Pakistan che c’entra solo marginalmente, ma che in India rappresenta una vera ossessione. Per noi, solo una brutta figura, l’ennesima dimostrazione di non-autorevolezza.