Seconda puntata delle mie “storie di treni”. Dove scavo ancora di più nel mio passato in India, in una sorta di Archeologia del Garrone… I due pezzi di seguito erano stati redatti nel 1988 e si riferiscono a quell’anno. Ovviamente molte cose sono cambiate da allora, ma il messaggio essenziale resta identico. Li pubblico quindi come sono stati scritti allora, con giusto qualche nota di commento a piè di pagina.

Express, mail, scartamento ridotto

Gestiti dallo stato in regime di monopolio, ancora vecchi e sbuffanti, i vagoni rosso mattone coi finestrini piccoli e sbarrati, i treni indiani sono leggendari. Lo specchio fedele del paese. Usarli significa farsi testimoni diretti degli eventi quotidiani. Può servire a tastarne il polso.
Tra i più vasti ed articolati del globo, il sistema ferroviario indiano fu avviato dagli inglesi a partire dalla metà dell'800, quindi progressivamente esteso e, dopo l'indipendenza, ancora rinnovato ed ampliato. Ha giocato un ruolo decisivo nello sviluppo della nazione unitaria.

 

Nagpur, Maharashtra. Rajdhani Express. Foto Renzo Garrone

Centinaia, ancora, le macchine a vapore, e non solo di lascito britannico: in gran parte sono di matrice indiana recente, costruite tra i '50 ed i '70, anche se non vengono quasi più usate per il trasporto passeggeri.
La maggioranza dei locomotori oggi va a diesel. Ad elettricità funzionano solo i treni suburbani di varie grandi città. Nel 1984 le ferrovie coprivano circa 60mila Km, e trasportavano 9 milioni di passeggeri ogni giorno.

Sui treni locali, l'intero vagone è indiviso, ed in esso sono disseminati sedili di legno. Vista la relativa brevità dei percorsi, i posti non sono riservabili. Spesso si tratta di veri carri bestiame. Ne ho preso qualcuno, di questi convogli, sedendo per ore anche sul pavimento, o dove capitava, persino sulle ginocchia di qualcun altro. Treni popolati da un’umanità sterminata con occhi scuri e profondi, ai finestrini; e fatti di vagoni tumultuosi di folla, all’interno.

Gli «express», invece, che connettono le città maggiori, rappresentano lo standard nella lunga percorrenza. Scompartimenti di prima e seconda classe divisi in cuccette, che vanno abitualmente prenotate in anticipo. Nelle cosiddette sleeper class sono di solito semplici tavolacci: durante il giorno si ripiegano, e lo spazio nel vagone torna ad essere quello consueto. Il fatto che i posti siano riservati in teoria non permette nessun passeggero in più. La notte di solito si dorme tranquilli, ma durante il giorno è regolare aspettarsi il doppio degli autorizzati. La gente sale a frotte, guadagna un sedile, scende due stazioni dopo. I controllori chiudono un occhio, magari ci guadagnano qualcosa: perché un posticino in più, sul sedile già stipato, si trova sempre. Magari col culo al limite del tavolaccio.

Il problema più grave del sistema ferroviario indiano è la super-domanda di posti a confronto della reale disponibilità[1] . Succede così che il Geetanjalj Express, un giorno e mezzo da Calcutta a Bombay, sia già completamente pieno (nel momento in cui ti piazzi in coda allo sportello per prenotare), per un periodo di almeno 20 giorni. Gli indiani devono quindi programmare tutto con un certo anticipo, e lo status delle reservations viene infatti riportato sulle pagine dai quotidiani a tiratura nazionale.

Il governo non ha mai speso granché per il turismo, ma nelle ferrovie alcuni provvedimenti importanti sono stati adottati. Per risolvere il disagio arrecato al viaggiatore dal superaffollamento, è stata inventata la tourist quota: esiste un apposito ufficio di ogni stazione importante, tramite il quale si trova sempre un posto disponibile, anche per il giorno stesso. Poi, alla partenza, si avrà il proprio bel daffare ad individuare la carrozza giusta (quella dove il tuo sedile ti aspetta), facendo lo slalom tra la folla e i bagagli accatastati che saturano sempre una grande stazione.

Toy trains
Ma oltre ai treni normali, il subcontinente indiano ha la sua brava serie di simpatici servizi a scartamento ridotto. Costruiti dagl'inglesi per esigenze commerciali, ed oggi divenuti attrazioni turistiche, sono tutti simili. Da Sylet nell'attuale Bangladesh, a Darjeeling al confine col Nepal, da Ooty nelle Nilgiris, vicino a Mysore, allo Hill Country di Sri Lanka, a Shimla in Himachal Pradesh. La finalità originaria consisteva nel trasporto di merci (soprattutto il tè) dalle colline dove veniva (e viene tuttora) coltivato, fino alle pianure e poi ai porti più vicini. Il trenino a scartamento ridotto di Ooty in Tamil Nadu per esempio, una delizia giocattolo che dalla piana di Mettupalayam si arrampica su per le colline fino a 2000 metri, transita con 5/6 piccoli vagoni tra scarpate trapuntate dall’arbusto del tè, attraversando foreste (e quanto rimane di altre foreste), tuffandosi in brevi gallerie, superando ponti arditissimi. Delle dimensioni di una funicolare, spinto da tergo (non tirato) da una vecchia locomotiva a vapore, le carrozze dipinte di un beige-azzurro fresco, sferraglia caparbio su per ripidi crinali, tra splendidi panorami, alla straordinaria velocità massima di 20 km l'ora!

 

 Conoor, nelle colline del Tamil Nadu. Il Toy Train per Ooty. Foto Renzo Garrone

 

Calcutta mail

Febbraio 1988. Partenza serale sul Calcutta Mail, due giorni da Bombay alla metropoli bengalese, in cuccetta prenotata, standard sleeper class. Davanti a me, occasionale compagno di viaggio e di avventura, un ragazzo delle Mauritius, figlio di indiani emigrati, che studia qui in continente da anni ormai, lo sguardo lontano, mansueto, sempre pensieroso. Mentre il treno fagocita nella notte i suburbi di Bombay - Borivli, Byculla, Dadar centrale; mentre si avvia tra gli spettri dei casermoni con le luci accese nella metropoli infinita, accompagnato dai convogli locali della metropolitan railway, con grappoli umani appesi ai vagoni, sul Calcutta Mail appena partito la gente si assesta, fa conoscenza. Passa l'uomo del vagone ristoro, a proporre la cena: guarda un pò, riso e pollo al curry. Qualche anno fa si sarebbe trattato ancora di un meal presentato tradizionalmente, fasciato nelle solite grosse foglie d'albero seccate, o, al massimo, in piattoni di acciaio inox a più scomparti. Ma ormai le ferrovie serviranno la cena in vassoietti di alluminio. Dentro c'è un sacchetto di plastica con la salsina, e ci sono le posate bianche in pvc naturalmente 'usa e getta'. Buttandole dal finestrino, però, in India ci sarà sempre qualche accattone o riciclatore bisognoso che le recupera[2].


La stazione di Sealdah, a Calcutta - oggi ribattezzata Kolkata. Foto Renzo Garrone

Intanto il paese cambia, vira verso il consumismo, anche se ciò vale solo per un misero 10% della popolazione. Il resto, più che consumare, si consuma. Ecco il profumo dei loro escrementi: se lungo la strada ferrata in India, sentite puzza di merda, rassegnatevi. Si tratta di tapparsi il naso con forza e di aspettare che finiscano tuguri e capanne: gli slums. Lì ci abitano, ma i cessi sono un sogno proibito. Le stazioni che tocchiamo, uscendo da Bombay, rigurgitano di persone.

Su tutti spiccano i portabagagli che indossano giubbe di un rosso ardente, una divisa quasi garibaldina, anche se poi naturalmente sono scalzi.
Straordinario come parecchi di loro riescano a dormire lì sbattuti per terra, sul selciato delle stazioni, la faccia sul pavimento, in mezzo al trambusto, al va e vieni. Invidio la capacità degli indiani comuni di irridere gli agi. I portabagagli sono anche maestri nell'intrufolarsi in qualsiasi vagone, nel confuso casino di ogni fermata. Che i finestrini dei vagoni abbiano le sbarre è molto logico. Altrimenti queste folle straripanti li assalterebbero senza ritegno. Qui chi vuole farsi strada spinge, briga, sgomita: è l'unica chance.

Nel frattempo i consumi dell’India crescono, ed è pazzesca la loro entità potenziale, quella di quasi un miliardo di esseri umani. In India è intuitivo rendersi conto che le risorse della nostra specie, la più vorace che esista, non potranno durare per sempre. Forse fino a qualche anno fa, guardando all'immensa miseria, che ancora esiste (il 40% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà stabilita dall'Onu) la necessità di un risparmio delle risorse poteva apparire meno pressante. Ma oggi si è alzato il tenore di vita medio. E su questo treno, che trasporta uno spaccato della nuova borghesia, della nascente middle class sempre piu’ attratta dal luccicante universo del consumo, balza evidente quanto sia spaventoso il ritmo cui queste risorse vengono divorate.

Viceversa, osservando le cose da un altro angolo visuale, quanta bellezza più semplice rimane ancora in questo paese! Basta svuotare un poco la mente per farsi riempire da quel che succede, che è talmente tanto! spesso anche troppo. Il nuovo, il fantasioso, l'artigianale, in India sono ad ogni passo, il più delle volte senza forzature. Un mondo pretecnologico, questa è stata la mia India dal 1976 fino ad oggi, che ti permette di osservare occupazioni, lavorazioni, capacità manuali da noi superate: il vasaio, il maniscalco, il contadino che ara, il riparatore di qualsiasi oggetto. La gente nelle campagne costruisce da sé la sua semplice abitazione, intaglia da sé la sua barca in Bengala o in Kerala, l’aratro in Bihar e in Karnataka. E che un uomo gioisca per ciò che sanno fare gli altri uomini è profondamente naturale, è una questione di cuore. Senz’altro anche per questo è bello viaggiare. E poi la sorpresa che è la vita, il cinema perenne dell’India, tanto che tornando in Europa dopo mesi d’India tiri un po’ il fiato, d’accordo, ma come è tutto più noioso… Volti rugosi di vecchi o sguardi ridenti di bambini, l'enigma ambulante di un accattone, o il mistero di una ragazza sfuggente...

Dal finestrino, un contadino nel campi lavora sotto il sole, con una minuscola zappa. Sul treno, nonno e nipote siedono sul proprio caratteristico grosso sacco a pelo verde, steso sulla loro cuccetta. Lui è anziano, bello, elegante nel suo completo bianco in cotone (kurta e pajama, l'abito classico): i capelli d'argento, il profilo delicato, il portamento composto.
Il ragazzino ha occhi straordinari, incredibilmente vivi. Non mi stanco di guardarlo: a questo costringe la bellezza. Asciutto e pieno di vita, i capelli neri e diritti, piccolo piccolo e sveglio.

[1] L’articolo fu scritto prima dell’avvento dei voli interni a basso costo, che ha rivoluzionato, migliorandola, la logistica del paese.

[2] Questo era vero all’inizio dell’era della plastica di massa. Trent’anni dopo il fenomeno si e’ tradotto in una catastrofe ambientale. Tanto che Modi, nel 2019, promette la fine della plastica monouso.