Genesi e sviluppo di una cooperativa agricola sul Monte di Portofino

Parco Regionale del Monte di Portofino, versante rivolto a mezzogiorno. Un’ex fattoria colonica ben ristrutturata, l’Agririfugio Molini si affaccia verso la rinomata Baia di San Fruttuoso, una mezzora di sentiero là sotto. Durante il ponte di Pasqua 2019 le tavolate predisposte all’ombra degli ulivi, lungo le terrazze circostanti, sono affollate da un continuo via vai di escursionisti.

Qualcuno si ferma a lungo, altri si rifocillano, riposano un poco e ripartono. Il mare blu lo vedi dall’alto, in lontananza, nella Baia all’ombra della medievale Torre dei Doria, e da qui lo pregusti. In mezzo a un verde brillante, da cartolina. Scendendo, raggiungi l’Abbazia, un paio di spiaggette, i traghetti. A monte si torna verso Camogli e l’entroterra, ma in salita, rigorosamente a piedi. Ci troviamo su uno dei sentieri più popolari del Parco – area protetta dal 1935 - sull’antica mulattiera che corre tra Pietre Strette e San Fruttuoso.

Il panorama della Baia di San Fruttuoso, con la Torre dei Doria in primo piano, e la Torretta in fondo a destra, visti dal sentiero vicino a Molini. Foto Renzo Garrone

Un tempo percorsa da animali carichi di merci in transito tra entroterra e mare, oggi questo cammino è meta di un turismo di passo sempre più consistente. Lo spostamento delle persone per diletto, che costituisce una delle ricchezze di questo secolo.

Ma l’Agririfugio che offre ospitalità è soltanto la più in vista tra le attività de Il Giardino del Borgo, l’impresa che ha strappato al degrado un antico rudere, lo ha ristrutturato con immensa fatica, e lo gestisce ormai da quasi 10 anni in termini di accoglienza e ristorazione. Una piccola cooperativa che a pieno organico conta al momento 4 dipendenti (Alessandro, Andrea, Emanuela, Filippo) più alcune collaborazioni part-time o stagionali (come quella del cuoco Claudio, che vive in Spagna ma è occupato qui in cucina per alcuni mesi nella stagione estiva). Una coop che nasce agricola, di cui l’Agririfugio battuto dai turisti è solo uno dei volti, ma il cui impatto sul territorio (oltre a quello sull’immaginario dei visitatori) va ben al di là di quanto sia immediatamente visibile. Davanti a esperienze di questo genere mi vengono in mente un sacco di domande: come si vive campando di sola natura? E come si campa andando quasi esclusivamente a piedi?

Gli inizi

“Verso la fine degli anni ’90” – racconta Andrea Leverone, 47 anni, di Camogli, uno dei fondatori – “provenivo dall’esperienza di una fattoria agricola in Toscana, e avevo trovato da lavorare qui con l’Ente del Parco di Portofino. La Regione Liguria stava allora avviando il recupero di San Fruttuoso di Camogli.

La proprietà di una parte di quel borgo, e dei terreni circostanti, era di un imprenditore milanese, Felicino Riva – che successivamente sarebbe fallito. Riva voleva sviluppare il posto per il turismo, con un occhio soprattutto agli aspetti immobiliari. Dopo il suo fallimento la Regione rilevò la società che doveva occuparsi del recupero delle case della spiaggetta dei pescatori, col fine istituzionale di restituirle ai pochi abitanti del luogo. Con gli amici Giulio Strigini e Linda Sacchetti pensammo invece al recupero dell’oliveto, visto che nei dintorni di San Fruttuoso c’erano anche 178 ettari praticamente abbandonati appartenenti alla società di Riva - migliaia di olivi che potevano essere rimessi a frutto, per quanto su terreni difficili, scoscesi. Buona parte di questi oliveti erano stati impiantati dai monaci benedettini nel 1400. Il posto era molto bello, anche se assai impegnativo. Scoprimmo che vi erano dei finanziamenti disponibili, anche se non per i terreni, solo per le case. Dopo il subentro da parte della Regione, la partita era finita in mano ad ARTE, agenzia creata dalla Regione stessa per lo sviluppo dell’edilizia popolare. Proponemmo alle istituzioni uno Studio di fattibilità. E con Giovanni Giudice, al tempo amministratore di quella realtà, cui dobbiamo un atto di fiducia nei nostri confronti, riuscimmo a partire. Esisteva al tempo anche un Bando del Parco per i proprietari dei terreni che si accingessero al loro recupero. I terreni erano di ARTE, quindi formalmente la cosa si svolse tramite loro…”

“Insomma, realizzammo questo studio” – continua Leverone –  “ed il Convegno conclusivo svoltosi presso la Sala Consiliare del Comune di Camogli. Oggetto, l’insediamento di un’azienda agricola in un territorio di alto valore storico e naturalistico. Il progetto consisteva sia nel recupero produttivo di due ettari di uliveto storico, sia nello Studio di fattibilità per l'insediamento sui terreni della società Pietre strette (120 ettari circa) della nostra azienda agricola biologica. L'attività sul campo comprendeva produzione di olio, miele, piante officinali e derivati. Lo studio, dei primi anni 2000 (ancora disponibile su internet, vedi https://agririfugiomolini.it/documenti/), riportava i dati raccolti in due anni di sperimentazione. Si articolava in una breve indagine storica sul luogo, e copriva poi olivicoltura, piante officinali, apicoltura”.

Nel concreto, i ragazzi della nascente cooperativa, mentre raccoglievano dati e strutturavano la parte teorica del proprio intervento, piantavano erbe aromatiche, introducevano le api coi loro alveari, recuperavano olivi. Stavano sul campo, fattivamente. Un lavoro paziente ma anche assai faticoso soprattutto perché da queste parti, è fondamentale ricordarlo, si va solo a piedi.  La futura coop non disponeva neppure di una sede all’interno del Parco, sul territorio. “Alloggiavamo a San Fruttuoso nelle case dei pescatori, quelle in attesa d’esser ristrutturate” – prosegue Andrea – “e per ottimizzare restavamo di fatto lì quasi tutto il tempo, visto che il posto è lontano da tutto, raggiungibile solo a piedi o in barca: ma se il tempo è cattivo e il mare agitato le barche non vanno e resta il solo a piedi, in salita e discesa, sui sentieri del monte. La fase pionieristica fu dura” – sorride adesso Andrea. “In quei primi anni insistemmo su un ettaro e mezzo circa: Alessandro, Gianni, Giampaolo ed io. Ebbene sì, ci siamo fatti un bel mazzo. Solo in una seconda fase l’obiettivo divenne un po’ di consolidamento, in primis il pagare adeguatamente il lavoro dei soci. Cominciammo allora a prendere commesse per lavori esterni: nei giardini della zona, nella manutenzione dei sentieri del Parco, nella cura e gestione di uliveti di altri”.

Da sinistra Alessandro Sacchetti, un amico volontario, ed Andrea Leverone durante la ristrutturazione a Molini

In effetti la coop negli anni si è specializzata in interventi di recupero di questo contesto specifico (potature di riforma e di mantenimento degli ulivi liguri). In recinzioni elettriche anti-cinghiale, vista la presenza di questi animali in zona (questione spinosa che richiederebbe altri approfondimenti). Nella realizzazione di manufatti in legno di castagno (arredo per esterni, staccionate, recinzioni, pergolati: la segnaletica del Parco di Portofino l’hanno realizzata loro, i tavoli nelle aree di sosta pure). E in interventi di ingegneria naturalistica.

Il Giardino del Borgo, di fatto, nacque nel 2000. Affiancando a quanto sopra anche attività di consulenza e progettazione nell'ambito dell'educazione ambientale, delle risorse rinnovabili, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile, nonché di tutti i lavori legati alla gestione e promozione ecocompatibile del territorio. Da allora la coop ha lavorato per privati ed enti pubblici in tutto il levante ligure. Proponendo inoltre attività didattiche a bambini e ragazzi, facendo toccar loro con mano come funziona una piccola cooperativa agricola a conduzione biologica, situata in un luogo splendido ma remoto. Funzionando in termini di accoglienza, ma facendo anche da da sponda, ad operazioni di turismo mirato. Con RAM, l’organizzazione di chi scrive, abbiamo sempre proposto delle “chiacchierate” tra esponenti della cooperativa e turisti in visita sul Monte, che in generale passano da queste parti senza realizzare alcun vero incontro con chi viva sul territorio: in tal senso, viceversa, la presenza del Giardino del Borgo ha sempre rappresentato una testimonianza significativa. Sia nel caso di gite scolastiche sia nelle visite di piccoli gruppi di adulti che vengono nella zona a fruire della bellezza del Parco, come escursionisti. 

Uno step verso il consolidamento dell’attività avviene nel 2003, quando finalmente la cooperativa riesce a conquistarsi un vero contratto d’affitto sui terreni del Monte. Solo allora infatti la Regione Liguria nomina ufficialmente ARTE come propria agenzia di gestione degli immobili, e il Giardino del Borgo può a quel punto affittare da ARTE i terreni (170 ettari) e alcuni ruderi (4, per la precisione). “Fino al 2005 recuperiamo” - prosegue Andrea - “ulivi su ulivi, a migliaia… I mitici 500 del recupero iniziale sono solo quelli intorno a Molini, all’Agririfugio. Ci affiderà le proprie piante anche il FAI, il Fondo Ambiente Italiano”, che aveva ricevuto una ventina d’anni prima in dono l’Abbazia di San Fruttuoso (donatagli da Frank e Orietta Pogson Doria Pamphilj, nel 1983).

L’Abbazia è un suggestivo Monastero benedettino dell’anno mille, ma nel tempo fu anche covo di pirati e infine, più semplicemente, divenne un borgo di pescatori. “Una vera oasi in uno scenario già di per sé unico, tra la terra e i boschi del Monte di Portofino e il mare azzurro della Liguria di Levante”- recita il sito del Fondo Ambiente Italiano. “Costeggiando il Parco Naturale che da Camogli conduce a Portofino, essa appare come un miracolo, incastonata in una piccola insenatura protetta da una torre cinquecentesca, un’architettura così felicemente integrata con il suo contesto naturale. Proprio l’inaccessibilità del luogo e la presenza di una sorgente d’acqua dolce ne fecero, nell’VIII secolo d.C., un sito ideale per la fondazione di una chiesa. Secondo la tradizione, fu lo stesso martire Fruttuoso a scegliere la baia, indicandola in sogno a Prospero, vescovo di Tarragona in fuga dalla Spagna invasa dagli Arabi e alla ricerca di un luogo dove portare in salvo le reliquie del Santo. Ricostruita nel X secolo come monastero benedettino, dal Duecento l’Abbazia intrecciò le sue sorti con quelle della famiglia Doria che ne modificò l’assetto, costruendo ad esempio il loggiato a due ordini di trifore e trasferendo qui il sepolcreto familiare, fino a quando, nel 1983, decise di donare l’intero complesso al FAI. Da allora è in corso la rinascita di un insieme (monastero, chiostro, tombe dei Doria, la chiesa primitiva e la parrocchiale, reperti archeologici) articolato su corpi con caratteristiche molto diverse fra loro e bisognoso di cure costanti. Nell’aprile del 2017 il complesso dell’Abbazia ha visto concludersi gli ultimi restauri, che hanno liberato e valorizzato la fonte sorgiva su cui venne costruita la torre”.

Nel frattempo, con anni di sperimentazione, il Giardino del Borgo riesce a precisare maggiormente il suo ambito di intervento. Una parabola del tutto logica. Di mera agricoltura non si campa, i servizi sono ciò che rendono maggiormente, e Andrea e compagni, pur mantenendo la barra dritta, puntano su quelli. Comincia l’avventura di Molini, l’Agririfugio appunto, sorta di second life nella vita della cooperativa.

Con 13 posti letto e una cucina che in stagione diventa una piccola fabbrica, Molini è stato il primo Agririfugio sul Monte, ed è tuttora un’esperienza unica. Per chi li ha seguiti dall’inizio sembra ieri, ma ormai i ragazzi della coop hanno ormai accumulato  vent’anni di esperienza, in virtù dei quali dispongono di risposte esaurienti per la maggior parte delle domande vogliate porre loro: dai muretti a secco alla presenza dei cinghiali, dal come si vive andando sempre a piedi, alla gestione di un bell’orto, dalla mosca alla rogna dell’ulivo, al legname da utilizzare in zona, alla pulizia, manutenzione, segnalazione dei sentieri. In due parole, si intendono di governo del territorio, e quello che conoscono l’hanno imparato sul campo.

Come accennato i tavoli della fattoria (in castagno) sono stati costruiti da loro stessi, nella segheria situata a Bocche, nella parte alta del Monte. Fu l’Ente Parco a commissionarne la costruzione, il Giardino del Borgo ci ha messo gli investimenti necessari all’acquisto di alcuni beni ed infrastrutture. E la segnaletica sui sentieri da loro realizzata, peraltro in costante espansione, oggi si può senz’altro definire efficiente.

Nella prima fase del Giardino del Borgo, ricordo, capitava di incontrare i ragazzi della coop in transito a San Rocco di Camogli, uno dei borghi del Monte (chi scrive ci ha abitato una dozzina d’anni) – ultimo punto dove arrivare in macchina, da lì in poi si prosegue a piedi. Andrea portava al guinzaglio Africa, un vivacissimo cane trovatello (recuperato al G8!), ma spesso un po’ tutti risultavano impegnati,a turno, a tenere a bada anche un mulo. Lo usavano per lavorare. “Anche lui” – scherzava Andrea col suo tipico understatement – “è un bene strumentale della cooperativa”… 1/continua